La giornata nazionale a favore della conoscenza e consapevolezza dei disturbi del comportamento alimentare.
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi Mentali (DSM-5) cita:
“I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono caratterizzati da un persistente disturbo dell’alimentazione o di comportamenti collegati con l’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale”.
Ma non voglio parlare dell’aspetto psicopatologico grave del termine, non voglio parlare di un anoressia visibile che mostra un corpo scheletrico o di continue abbuffate, voglio toccare la parte più nascosta e insidiosa del Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA), quella alla quale tutti dovremmo imparare a conoscere a porre attenzione, cercando di ridare benessere al proprio comportamento per una qualità di vita migliore e uno stile più sano, che non richiama un ossessiva correttezza ma una benessere psicologico nel bilanciare, in questo caso, l’alimentazione.
Faccio riferimento a quanto il cibo possa essere sostitutivo di un sistema di regolazione emotiva e possa essere usato non solo come benzina per la mente e per il corpo, ma anche come un tappa buchi di una gestione emotiva che non si è in grado di manovrare
E, infatti, il modo di mangiare finisce spesso per avere a che fare con le emozioni, i giudizi, i modi di pensare, a livello psicologico, cognitivo e comportamentale.
Partiamo dalle emozioni. Ansia, tristezza, rabbia, ,vuoti emotivi, vengono riconosciuti come fame indipendentemente dalle condizioni gastriche e da quanto tempo sia passato dall’ultima ingestione di cibo.
Il tutto deriva da una incapacità a gestire in maniera chiara e confinante quelle che sono le proprie emozioni, avendone chiara la funzione e l’espressione. Viene così a mancare una definizione di sé sul piano emotivo che cade in un abisso indecifrabile dove la fame, l’attivazione di mediatori cerebrali come la dopamina, la noradrenalina e la serotonina, vanno a ripristinare un senso di piacere, seppur nei DCA dura relativamente poco. Dura poco perché, a livello emotivo, attraverso il senso di inadeguatezza e indefinitezza che si porta dietro, ricasca facilmente nell’insoddisfazione, che si appoggia a livello esteriore, e dunque sul fisico o sul proprio discontrollo alimentare o sulla difficoltà a portare a termine un obiettivo.
Si attiva così un circolo vizioso che trasforma la piacevolezza in senso di colpa scatenando a livello fisiologico ed emotivo una cascata di altre conseguenze che andranno a confermare il senso di inadeguatezza.
Infatti, la caratteristica distintiva alla base dell’organizzazione disfunzionale a livello di piano alimentare è una bassa autostima, con una confusa e caotica percezione di sé che è alla continua ricerca di uno specchio esterno che la aiuti a capire chi è o che lo riconosca in ciò che pensa possa essere.
Appartiene ad una personalità liquida, che non si sa delineare ed identificare, o meglio che le è difficile accettare la propria essenza, perché nessuno gli ha insegnato ad essere, ma piuttosto a dover essere.
Il comportamento alimentare disregolato appartiene per lo più a persone, richiedenti di approvazione e rispecchiamento dell’altro perché incapace di definirsi, o spaventati nel farlo. Si ha bisogno di mantenere un peso astratto di sé per potersi sentire libero di muoversi nella propria autonomia e stima, cercando in tutti i modi di sgomitare e sopravvivere nel suo senso di inadeguatezza e indefinitezza.
A livello cognitivo si pone, dunque, l’attenzione sulla percezione disfunzionale delle proprie forme del corpo. C’è una dispercezione corporea in cui si sottolinea una valutazione di sé disfunzionale legato al peso e al corpo, valutando il proprio valore personale su canoni estetici, in quanto più chiari e misurabili rispetto al proprio assetto interiore.
Nel cognitivo ritroviamo, anche, tendenza al perfezionismo e controllo emotivo.
A livello comportamentale persone con disregolazione alimentare tendono a mangiare lontano dai pasti stessi, spesso di nascosto dagli altri. Hanno un leggero distacco dalla realtà, perché impegnati della lotta contro se stessi, tendono continuamente a ri-regolare la loro idea di “dieta ferrea” che si appoggia su credenze poco fondate ma altrettanto intransigenti per il soggetto (come ad esempio se mi sono abbuffato stasera salto un pasto, o i carboidrati fanno ingrassare).
Il comportamento è altrettanto sregolato, infatti, non ci sono orari nei pranzi e nelle cene, non ci sono pasti scanditi.
I Disturbi del Comportamento Alimentare sono molto di più di ciò che si vede, della forma che hanno, del profilo della persona che la indossa. E' il fondo di un atteggiamento e di un modo di sentirsi e abitare il proprio essere.
I disturbi alimentari scavano nel profondo; sono una galleria da percorrere per lunghi chilometri prima di potersi finalmente vedere e riconoscere, e togliersi un vestito poco comodo per indossare se stessi.
Quello che ho voluto riportare oggi sono poche righe per dare omaggio ad una giornata importante che da voce ad una forma di attenzione selettiva silenziosa e insidiosa che dilaga in occidente, dove il rapporto col cibo non è solo fame ma è anche parola e persona.
Ovviamente gli aspetti che riguardano l’argomento sono un accenno al meraviglioso mondo di persone sensibili, spesso dedite agli altri.
Sono un accenno che vuole portare una nuova consapevolezza e un nuovo modo di guardare il proprio rapporto col cibo, legato non solo al “mangio molto, o poco”, o al “mi piaccio o non mi piaccio”, ma cosa mi sto raccontando nel mio rapporto contraddittorio o non amorevole col cibo, cosa voglio raccontare col mio corpo che le mie parole non riescono a dirmi.
Tutto questo lontano dai concetti di bisogno, aspettativa, cambiamento, bodyshaming e tutti gli approfondimenti che possono ruotare intorno ad un argomento vasto e delicato come i comportamenti alimentari disregolati, e le conseguenze fisiche, emotive e sociali che ne conseguono.
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